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sabato 17 ottobre 2009

Piano casa: la crescita zero dei Comuni virtuosi


















GLI 8.012 SINDACI ITALIANI stanno ricevendo in questi giorni una raccomandata. E’ una buona notizia, per chi vuole ben governare. L’Associazione dei Comuni Virtuosi comunica a tutti che l'anticasta funziona, e conviene: risparmio energetico, rispetto ambientale, vita più sociale, tutto quadra solo a voler mettere in pratica un protocollo che gira sul concetto della qualità globale. Amministratori competenti che fanno scelte logiche tralasciando interessi privati: i risultati, conti alla mano, sono da record. “Verissimo - attacca il fondatore dell'associazione, Marco Boschini - abbiamo molte richieste di adesione, perché c’è davvero una nuova sensibilità. Ma in questo periodo di Piano Casa teniamo gli occhi puntati sul territorio: ne succederanno di tutti i colori”.

L'eroe del gruppo è Domenico Finiguerra, il sindaco che a Cassinetta di Lugagnano (vicino Milano) ha imposto la crescita zero dell’edilizia. Nessun aumento delle volumetrie per cinque anni: “Di nuovo abbiamo fatto solo una scuola, adesso stiamo recuperando gli edifici storici. Appartamenti in villa stupendi, ma anche corti di pietra che si vendono a prezzo di mercato. Bellissime”. Certo il salto di qualità devono farlo le città. Reggio Emilia, per esempio. Già nel 2006 venne approvato il taglio del 30% sulle cubature: ok alle opere già approvate, stop a nuove espansioni. Ora è in fase di approvazione il Piano Strutturale che disegna lo sviluppo urbanistico dei prossimi 15 anni. Anche qui, meno cemento per tutti: diminuzione dalla costruzione di 1.500 alloggi annui (media 2001-2008) sino a un massimo di 800; vincoli di efficienza funzionale per i nuovi progetti (addio case sparpagliate e senza servizi); riconversione delle aree industriali secondo criteri ambientali severi. Obiezione: e le mega opere come il ponte di Calatrava o la futura stazione Tav? “Ridurre non significa deprimere - risponde Graziano Delrio, riconfermato sindaco lo scorso giugno - le città cambiano, è necessario. Negli ultimi anni abbiamo avuto un incremento di 35mila abitanti, nel 2025 saremo 200 mila.
Serviranno spazi più intelligenti, più belli. Non più grandi”.

Anche Bologna ha varato il suo piano strategico, e il regolamento per applicare - criticamente - il Piano Casa del governo. L’idea è di consentire gli aumenti volumetrici solo in alcune zone della città preservando il centro e gli spazi non occupati. Il tutto a condizione che ci si converta a costruzioni ecosostenibili e rispettose del paesaggio.
In Veneto, invece, si va per tribunali. Il Piano Urbanistico proposto dalla Regione ha trovato una corposa opposizione popolare: 124 associazioni e gruppi di cittadini hanno depositato, come la legge consente, oltre 14 mila “osservazioni”: analisi e richieste di modifica che dovranno essere controdedotte e discusse prima della messa ai voti dell'atto. La Procura di Venezia ha avviato un procedimento penale per manifestazione non autorizzata a carico del comitato che lo scorso 3 luglio raccolse le ultime firme e andò a depositare i fascicoli: non è bastato pagare l'occupazione del suolo pubblico, la passeggiata dal gazebo agli uffici regionali è stata valutata come adunata sediziosa.

Uno dei partecipanti, Paolo Cacciari, non usa mezzi termini: “Il nuovo Piano territoriale di Coordinamento proposto dalla giunta regionale è il ground zero della pianificazione urbanistica nel Veneto. Il provvedimento, non presentando alcuna caratteristica degli strumenti di piano, appare come un manifesto politico del ‘laisser faire’, la proclamazione della filosofia liberista senza più remore e timidezze. ‘Pochi, pochissimi vincoli nuovi, il minimo indispensabile’, recita lapidaria la prima pagina del Prologo”. Con parecchie novità, però. Come le newtown del consumo (Moto City, Veneto City) e collegamenti stradali inediti. Per non dire dell’interpretazione entusiastica del Piano: +50% del volume originario se si centrano alcuni parametri (non impossibili, a dir la verità). Così forse anche stavolta riusciremo a restare in linea con il consumo territoriale del nostro paese: 250 mila ettari l’anno.

Chiara Paolin

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"E' chiaro che il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa e' muto come un pesce
anzi un pesce e come pesce è difficile da bloccare
perchè lo protegge il mare com'è profondo il mare"