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lunedì 31 agosto 2009

La valle dei misteri



























E’ stato ucciso perché sapeva. Vito Lipari, sindaco di Castelvetrano, era al corrente degli imbrogli organizzati per la ricostruzione del Belice. Sapeva, per esempio, che tutto il piano di ricostruzione della zona compresa tra Castelvetrano e Gibellina era falso. Così è successo che la mattina del 13 agosto 1980 la sua Golf è stata affiancata da un’altra vettura. Due uomini hanno fatto fuoco e lo hanno raggiunto in pieno con due colpi di P38 e otto colpi di lupara.

Delitto di mafia, sentenziano gli inquirenti. Vito Lipari era un personaggio importante e puntava molto in alto. Sindaco dal 1968, alle elezioni politiche aveva ottenuto 40 mila voti di preferenza, risultando nella Sicilia occidentale il primo dei non eletti alla Camera. A poco più di quarant’anni, vantava amicizie e protezioni forti e sicure. Per esempio, quelle dell’ex ministro Attilio Ruffini, e poi quelle della famiglia Salvo, gli esattori, parenti di Luigi Corleo, il ricchissimo e vecchio proprietario terriero sequestrato sei anni fa e mai più tornato a casa.
Ma i killer di Vito Lipari non avevano previsto tutto. Nel cassetto della sua scrivania, il sindaco di Castelvetrano aveva conservato le prove, nero su bianco, degli intrallazzi del Belice. E cioè il piano del quarto comprensorio che comprende dieci Comuni, tra cui Gibellina, Partanna, Salaparuta, Campobello, Castelvetrano. Il documento, nella versione “vera” e in quella “falsa” (e vedremo più avanti cosa significa), passa prima dalle mani dei carabinieri di Castelvetrano al sostituto procuratore della Repubblica, Fausto Cardella, e poi al sostituto procuratore di Palermo, Francesco Scozzari. E le indagini prendono una svolta clamorosa, perché accertano che il piano del quarto comprensorio del Belice può essere la causa anche dell’assassinio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione, ucciso il 6 gennaio 1980. Gli inquirenti sono convinti, infatti, che tra gli omicidi Mattarella e Lipari ci sia un collegamento diretto. Dalle prove balistiche risulta che i proiettili che hanno ucciso il presidente della Regione presentano sorprendenti analogie con quelli estratti dal cadavere di Lipari. Più tardi si scopre che la stessa P38 special è stata utilizzata per portare a termine anche un altro delitto mafioso.

Ma esistono altri motivi per ritenere che i due omicidi abbiano la stessa matrice. Piersanti Mattarella aveva voluto rivedere, a partire dall’autunno 1979 i piani di ricostruzione del Belice, e sul famoso piano numero quattro aveva fissato la sua attenzione, perché aveva deciso di scoprire da chi e per quale motivo era stato falsificato. D’altra parte, Vito Lipari, sette mesi dopo la morte di Mattarella, custodiva ancora gelosamente il piano, nella versione vera e in quella falsa, e come sindaco di Castelvetrano era direttamente coinvolto nella vicenda.
Ma cos’è esattamente il documento che è costato la vita di Lipari e forse di Mattarella? Si tratta dei piani urbanistici relativi al quarto comprensorio della Valle del Belice che comprende dieci Comuni: complessivamente un territorio di 77 mila ettari con una popolazione di circa 100 mila persone. Fu il presidente della Regione, il democristiano Angelo Bonfiglio, che nel maggio del 1977, si dice per fare dispetto ai socialisti, affidò all’ispettore della presidenza regionale l’indagine sul quarto comprensorio. L’ispettore scoprì che gli atti che aveva esaminato erano falsi. Chi aveva interesse a falsificarli? Nel 1972, il gruppo regionale del Psi aveva presentato un emendamento per cui i piani particolareggiati del piano numero quattro non solo potessero essere elaborati prima che il piano stesso fosse approvato, ma addirittura che venissero resi esecutivi senza nessuna approvazione. Il tentativo dei socialisti fu bloccato dall’intervento del comunista Pancrazio de Pasquale e dal democristiano Gaetano Trincanato, che riuscirono a sventare la manovra. L’emendamento non passò, ma il piano numero quattro sparì. Al suo posto circolò una versione “rettificata” che ha permesso di costruire migliaia di alloggi laddove il piano vero prevedeva verde a rispetto del parco archeologico e di alterare completamente i valori immobiliari dell’intero territorio su quale, poi, ha scorazzato la mafia degli appalti.

Ma sull’intera vicenda grava il mistero. Chi ha, infatti, falsificato il piano? Chi ha intascato i quattrini? Perché Lipari conservava le due versioni del piano? Nessuno lo sa. Per fare luce su questi torbidi retroscena, sugli assassini e sulle ruberie, era stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta. La commissione ha finito i suoi lavori la sera di martedì 30 giugno scorso. li aveva inaugurati la mattina di mercoledì 12 dicembre 1979. In tutto, quarantuno sedute. Il presidente, Luciano Dal Falco, ha consegnato la relazione conclusiva ai presidenti della Camera e del Senato. Sono 690 pagine, fitte di cifre e di date. In realtà, a leggerle bene, sembra di sfogliare l’album completo dei misteri della Valle del Belice. Perché gli interrogativi per tanti anni restano più inquietanti di prima.
E i morti ammazzati, le faide mafiose, le risse politiche, gli intrallazzi dei funzionari pubblici, le ingordigie dei costruttori, le tentazioni dei ministri, la spesa di 1.833 miliardi? Non c’è traccia: tutto è stato appiattito e sdrammatizzato: è come se un “giallo” così denso di colpi di scena fosse stato affidato alla penna di Liala, quando tutti si aspettavano quella di Leonardo Sciascia. Nomi non ci sono: ministri, funzionari, palazzinari: chi sono? Di fronte alle sfacciate ruberie di costruttori protetti dalla lupara, la commissione parlamentare non ha battuto ciglio. Sulla vicenda della costruzione della diga di Gracia, uno dei capitoli più sanguinosi della storia mafiosa degli anni ’80, la relazione della commissione così si esprime:”non si evidenziano apparenti anomalie nell’appalto dei lavori”.
Di fronte alla lievitazione dei costi dell’esproprio dei terreni, che dagli iniziali 2,587 miliardi sono passati a 21,085 miliardi, la commissione finalmente si scuote e riesce a dire: “Questo appare davvero piuttosto forte”.

Nemmeno di fronte al rapporto della Guardia di finanza sulle irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti, la commissione s’impressiona. Che c’è di strano se l’importo iniziale di 44 miliardi previsto per i lavori di trasferimento di alcuni abitati sale senza una plausibile giustificazione a 165 miliardi?
Ed è stata subito battaglia. Appena conclusi i lavori della commissione, i comunisti sono partiti all’attacco accusando tutti: democristiani, socialisti e repubblicani, colpevoli, secondo loro, di avere firmato la relazione di maggioranza. I comunisti hanno presentato una loro relazione firmata dall’onorevole Agostino Spataro che definisce generica la relazione di maggioranza dove “tutto appare da condannare e nello stesso tempo da assolvere”. Un’altra relazione di minoranza è stata presentata dal Msi ed è firmata da Guido Lo Porto. I democristiani hanno reagito prendendosela con i socialisti, ricordando che Salvatore Lauricella e Giacomo Mancini sono stati ministri dei Lavori Pubblici negli anni caldi del Belice. I socialisti hanno replicato, prima, ai democristiani, facendo i nomi di due ministri dei Lavori Pubblici anch’essi implicati nel Belice, Lorenzo Natali e Antonino Gullotti; e, poi, ai comunisti, ricordando che molti sindaci dei Comuni del Belice hanno la tessera del Pci. Ad attizzare il fuoco è intervenuto il repubblicano Enrico Ermelli Cupelli che, dopo aver votato la relazione di maggioranza, ha chiesto che gli atti della commissione venissero inviati alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Palermo.

Sul ruolo della magistratura siciliana nelle vicende della ricostruzione del Belice sono tutti d’accordo. E’ stata assente di fronte agli intrallazzi e agli omicidi, e alle sfide della mafia. A Palermo, Sciacca, Trapani e Marsala sono in corso complessivamente 27 inchieste che non fanno progressi. Fino a tutto il 1980 risulta adottato un solo provvedimento restrittivo seguito comunque dalla libertà provvisoria. Finora non è stata emessa nessuna sentenza di condanna. Ma i comunisti sono decisi a fare del Belice il loro cavallo di battaglia di quest’estate. Il loro intento è di sollecitare la magistratura a iniziare inchieste sui casi più clamorosi di furfanterie avvenute nella valle del terremoto dal ’68 ad oggi. Con la speranza di vedere implicati, finalmente, i nomi di qualche ministro dei Lavori Pubblici. Così scatterebbe l’intervento della commissione inquirente.
Gli altri patiti rispondono con il silenzio. Il caldo, la noia, pensano, aiuteranno a dimenticare questa interminabile vicenda. E come primo traguardo si propongono di ostacolare la pubblicazione delle tre relazioni di maggioranza e di minoranza. se tutto va bene, se ne riparlerà in autunno.
Mario La Ferla

Tutto questo nell'anno 1981...

Dello stesso autore:

Dopo le terribili scosse registrate nella notte di domenica 14 gennaio 1968 nella valle compresa tra i comuni di Palermo, Trapani e Agrigento, che causarono la distruzione di dieci paesi, la morte di 400 persone e il ferimento di migliaia, le autorità di Palermo e di Roma dettero il via a una corsa verso quella che sarebbe dovuta essere una esemplare ricostruzione di paesi e delle loro attività produttive. Si assistette invece a una corsa di architetti e ingegneri che annunciarono città nuove e avveniristiche. E in quella occasione, per Gibellina, si parlò di una nuova Brasilia, la modernissima capitale del Brasile. Mentre le gente del Belice aspettava acqua, luce, strade, scuole e centri sociali e culturali, vedeva sorgere edifici scandinavi, boulevard parigini, chiese in stile islamico e una infinità di monumenti-opere d'arte. Il libro-inchiesta ripercorre le tappe della lunga e costosissima ricostruzione, rivelando le ingerenze mafiose, le lotte per gli appalti e l'ingordigia dei politici locali e di quelli nei palazzi romani. Nonostante il fallimento di un'operazione lunga 39 anni, ogni anno il governo nella legge finanziaria continua a elargire ragguardevoli fondi da destinare ad altre opere nel Belice.

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sabato 29 agosto 2009

La scossa che spostò un accento



















Di notte Gibellina diventa un paese di cani. L'eco ne moltiplica i latrati nelle strade deserte. Di giorno le bestie dormono nelle campagne e nelle rovine, col buio scendono in cerca di cibo nelle larghe strade della New Town nata dal terremoto. Dalla terrazza del mio B&B vedo un unico gatto in giro, grosso e nero come Belzebù, che ha afferrato un pipistrello e gli sta divorando lentamente le ali, mentre quello agonizza sull'asfalto incapace di volare. Belìce si chiamava la valle che da Salaparuta scende fino all'acropoli di Selinunte sul Canale di Sicilia. Belìce con l'accento sulla "i". Poi venne il terremoto e la tv nazionale disse Bèlice, con quell'arretramento sulla "e" che divenne sinonimo di fallimento, e così la valle perse il nome, dopo aver già perso la memoria. Oggi, nemmeno i siciliani chiamano più il posto nel modo giusto, all'araba, dal nome antico del fiume - U-Bilìk - che scende con due affluenti gemelli dalla Piana degli Albanesi e Corleone.

La valle nasconde un preoccupante vuoto di memoria storica. Dopo quarant'anni non si sa ancora nulla o quasi della sismica di questo pezzo di Sicilia. In due millenni, niente documenti scritti. Dagli scavi emergono segni di distruzioni antiche, ma nessuno sa se attribuirle ai tremori del Profondo o alle guerre che da sempre tempestano la storia siciliana. Le stesse rovine di Gibellina vecchia - dove una colata di calce ha ingoiato le case per trasformarle in uno sconvolgente monumento alla distruzione - non capisci se attribuirle al volere di un re o alla forza della natura. Caldo turco, un ventilatore gira sopra il letto e fa vorticare domande. Com'è possibile che la scossa del '68 sia un caso isolato? Per quale motivo i terremoti documentati riguardano tutti l'oriente dell'Isola? Che dire delle rovine di Selinunte, devastata da due scosse micidiali di cui non si ha riscontro nelle cronache? L'enigma nasce da un vuoto sismico o informativo? E, ammesso che la Sicilia occidentale sia davvero "in sonno", c'è da fidarsi di un così lungo letargo della terra?

Sotto il rasoio del barbiere in viale Empedocle, chiudo gli occhi per ascoltare le voci del paese, ma oltre la tendina scacciamosche sento solo silenzio e passeri. Strade troppo larghe per la vita di una terra dove ci si chiama dalle finestre. Passa un'auto ogni dieci minuti, poi il venditore di surgelati, il carretto delle pesche, il pescivendolo che urla come un muezzin dai minareti di Fez. Chiedo a un avventore gentile com'è il paese. "Tranquillo. Ma vuoto. I giovani scappano". Già, tranquillo. "Non si sta male, almeno non c'è il caos della costa. Qui il tempo si è fermato". Gibellina nuova non ha centro e fin che non lo capisci giri a vuoto, tutte le strade ti si mettono di traverso e ti portano fuori, sono centrifughe come in un kolchoz sovietico. C'è un solo posto dove il suo vuoto diventa tollerabile: il cimitero. Anche quello è pianificato per quartieri: tombe quadrate (famiglie Nastasi, Scordato, Bonanno), a cupola (Calogero, Fontana, Terranova), basse con lucernaio (Inzerillo, Pizzolato, Fontana), e tutti gli inquilini son lì dalla stessa data, 15 gennaio 1968. Spartiacque tra il Prima e il Dopo.

Il Principe abita in alto, fuori dal paese, in una fattoria trasformata in museo e quartier generale dei grandi eventi dell'estate. Ludovico Corrao, 85 anni, ex senatore del Pci che venne a patti con l'Msi di Almirante, è uomo azzimato con occhi azzurri da lord inglese e la voce sommessa di chi è abituato a comandare. Con un cenno ordina un gelato al pistacchio, poi inizia a raccontare una storia che parte dal troiano Enea e arriva a lui stesso, attraverso i millenni di "questa terra sulfurea che lascia terremoti nell'anima e nella creatività". Difende a spada tratta il suo sogno solitario - la città che ha disegnato - come il compimento di secoli e secoli di lotte sociali contro il baronato infame. Parlategli di tutto, ma non di quanto era bello il vecchio paese. Non spenderà una sola parola per la vita di relazione andata persa nel crollo. Ringhia: "Ah, quello era il mondo delle coppole storte e degli scialli neri. Un mondo di lutti, dolori, fame e miseria". Batte il pugno sul tavolo: "Una vita prona, di gente incapace di ribellarsi...". Ma quando si torna alla scossa fatale da cui il suo sogno ha preso forma, Corrao monarca di Gibellina ridispiega tutte le vele della sua vena profetica. "Vada, vada sull'Etna se vuole entrare nel mistero di Efesto e Persefone! Vada a Selinunte, e toccherà la potenza del Profondo!".
Selinunte, impossibile fare a meno di questa Atlantide siciliana: ma per sentire tutta la potenza ammonitrice dalla sua distruzione, meglio non vedere Triscina, a poca distanza dal più grande parco archeologico del Mediterraneo, 60 mila case abusive o non finite, una demenza nata dai soldi avvelenati del Belìce. Da una parte hai le nobilissime rovine, il Sublime giustiziato dalla mano dell'Altissimo, le corone dei re abbattute. Dall'altra il terremoto mallevadore del brutto e complice del malaffare. Una vergogna in un Paese civile.

Solo di notte, quando le rondini smettono di roteare e i turisti vanno via, puoi intuire cosa nasconde il tempio G, ciclopico e mai finito, con colonne di dimensioni egizie abbattute come fuscelli, capitelli di novanta tonnellate dislocati in modo da rappresentare non un crollo gravitazionale ma una spaventosa e inspiegabile torsione. La rovina nasce da un puzzle non scomponibile di elementi: guerre, abbandoni, smantellamenti, dilapidazioni. E poi i terremoti, avvenuti chissà quando, uno forse nel terzo secolo avanti Cristo, e uno molto più tardi, forse dopo il Mille. Infinitamente più potente di quello del Belìce. Notte di grilli tra le colonne dei ciclopi, vento di terra tra le agavi e il finocchietto. Mi accomodo sul basamento del tempio E per aspettare la Luna, e penso che per sentire la voce dell'abisso è meglio mettersi così, stesi al suolo, perché il corpo stesso diventi sismografo. L'ho imparato in Friuli, una sera di settembre del '76, in un attendamento di soccorritori. Il mostro che aveva squarciato la terra in maggio tornò a ruggire mentre mi appisolavo, e la cosa più orrenda non fu la scossa ma la nota cavernosa, cupa come la notte, che insieme a una vampata di calore attraversò il materassino e passò nella mia cassa toracica direttamente dall'inferno.

Paolo Rumiz

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venerdì 28 agosto 2009

A proposito di Stevia



















La Stevia ha una straordinaria capacità dolcificante: nella sua forma naturale è circa 10/15 volte più dolce del normale zucchero da tavola.

La STEVIA è una pianta erbacea perenne della famiglia dei crisantemi (Asteraceae) che cresce, allo stato selvatico, in piccoli cespugli su terreni sabbiosi ed in montagna. è originaria di una zona a cavallo del confine tra il Paraguay ed il Brasile ed in piena maturazione raggiunge gli 80 cm di altezza. Ha foglie verdi di forma oblunga con il bordo leggermente seghettato e fiori molto piccoli di colore bianco.

Già nell’antichità STEVIA è stata usata dagli indiani per dolcificare bevande, ma per l’Europa l’ufficializzazione arriva solo con lo scienziato naturalista paraguaiano Antonio Bertoni che ne attesta, per la prima volta, l’uso da parte di tribù indigene nel 1887.

Ancora oggi a Rio De Janeiro si sta continuando a studiare l’uso della STEVIA che viene considerata il dolcificante del futuro; nella città di Birigui la pianta è talmente popolare che il tè fatto con le foglie di STEVIA si trova in tutti i bar e ristoranti e si dolcificano con la STEVIA i succhi di frutta, i frappè, il latte ed i caffè. In questa piccola città si parla molto del “miracolo della STEVIA” e dei risultati positivi che ne sono derivati nei casi di diabete, ipertensione e infezioni varie.

La STEVIA ha una funzione ipoglicemica, antifungina ed ipotensiva; per secoli è stata utilizzata per apportare energia, per regolare il livello del glucosio nel sangue, per ridurre il desiderio di dolci, per attenuare l’appetito, per migliorare la digestione, per distendere ed ammorbidire la pelle anche con maschere facciali, per prevenire infezioni gengivali e carie dentarie.

La STEVIA è una delle migliori piante officinali esistente. Come foglia intera dà benefici sia per il corpo che per la pelle.
Le foglie contengono Glucosidi che ne determinano la capacità dolcificante; a loro volta i glucosidi sono formati da Steviosidi e Rebaudiosidi. Lo Stevioside non è un prodotto artificiale sintetizzato in laboratorio; esso è un estratto delle foglie di STEVIA e quindi un prodotto totalmente naturale!
Dalle analisi chimiche risulta che le foglie contengono anche, oltre ai glucosidi (Stevioside, Rebaudioside ed un Dulcoside) che ne determinano le proprietà dolcificanti, proteine, fibre, carboidrati, ferro, fosforo, calcio, sodio, potassio, magnesio, zinco, rutin (un flavonoide), vitamina A e C ed un olio che contiene a sua volta 53 elementi.
Lo Stevioside ed il Rebaudioside sono i componenti più dolci della STEVIA e si presentano, se raffinati, come una polvere quasi bianca o, se ottenuti mediante estrazione acquosa oppure idroalcolica con successiva evaporazione dell’alcool, come un liquido trasparente.

Le foglie di STEVIA possono differire nei quantitativi di glucosidi in funzione di diversi fattori, quali: condizioni climatiche, tipologia del terreno, luminosità, metodi irrigui, sistemi di coltivazione, di lavorazione e di immagazzinamento.
Le diverse produzioni di STEVIA possono, a loro volta, essere valutate secondo criteri di aroma, sapore, aspetto e potere dolcificante.
La STEVIA ha conquistato il 50% del mercato giapponese dei dolcificanti con lo Stevioside. Benché lo Stevioside raffinato sia un piacevole dolcificante, esso non ha le straordinarie proprietà benefiche della foglia di STEVIA o dei prodotti derivati dall’utilizzo dell’intera foglia di STEVIA.
Il gusto della STEVIA è unico: insieme al suo dolce sapore si avverte un leggero quanto piacevole retrogusto di liquirizia.

Com’è usata la STEVIA

Foglie fresche
Foglie in polvere (20/30 volte più dolci dello zucchero)
Estratto in polvere (2/300 volte più dolce dello zucchero)
Concentrato liquido da estrazione acquosa e/o idroalcolica (circa 70 volte più dolce dello zucchero)
L’utilizzo della STEVIA è vario: è usata innanzitutto come sostituto dello zucchero e dei dolcificanti artificiali ma anche in vari prodotti alimentari, e più precisamente si dolcificano caramelle, gomme da masticare, alimenti secchi e cereali, yogurt e gelati, tè e sidro, dentifrici e collutori, ma quel che sorprende è l’uso negli alimenti salati, dove contribuisce ad attenuare il gusto del sale (tipico della cultura agrodolce della cucina orientale) ; viene utilizzata per dolcificare molte bevande, perfino la Diet Coke prodotta in Giappone.

Naturalmente l’uso principale della STEVIA, oltre che nell’industria alimentare, è direttamente sulla tavola delle famiglie giapponesi. Le foglie in polvere possono essere usate cospargendo il cibo che si vuole addolcire ; le particelle della foglia non si sciolgono, dando una sensazione di dolcezza più duratura ed intensa. I giapponesi furono anche i pionieri nella purificazione degli estratti di STEVIA ricavando altri glucosidi oltre lo Stevioside, quali i Rebaudioside A, B, C, D, E ed il Dulcoside A Steviolbioside. I Rebaudioside A ed E sono particolarmente interessanti in quanto non hanno alcun retrogusto amaro come lo Stevioside. I ricercatori giapponesi hanno già brevettato molti processi estrattivi e molte “ricette” di combinazione tra Steviosidi e dolcificanti sintetici. Una delle combinazioni più comuni è quella tra lo Stevioside, l’estratto di liquirizia e la glicirrizina che contribuisce a migliorare il gusto di entrambi i dolcificanti.

Stevia come sostituto dello zucchero

Tutti cercano un dolcificante totalmente naturale, a basso valore calorico, senza grassi, senza maltodestrine; STEVIA è tutto questo, ma anche molto di più !

Lo zucchero raffinato rappresenta calorie inutili nella dieta; STEVIA è molto più dolce dello zucchero e non ha nessuno degli inconvenienti poco sani dello zucchero. Le foglie secche di STEVIA e la polvere derivata dalla loro lavorazione sono 2/30 volte più dolci dello zucchero, mentre l’estratto raffinato di STEVIA (costituito da steviosidi all’85/95%) è 2/300 volte più dolce. L’estratto raffinato può quindi essere usato solo se diluito, per poterne fare un uso corretto.
Gli esseri umani non dovrebbero utilizzare nulla di artificiale nelle loro diete ; STEVIA offre una alternativa sana,del tutto naturale a questi prodotti di sintesi.
Del resto l’uso industriale fatto in Giappone di STEVIA negli ultimi decenni è la prova più lampante che questa sostituzione è sia pratica che economica.

Stevia e calorie

STEVIA non contiene praticamente calorie.
La STEVIA è un eccezionale coadiuvante nei programmi di dimagrimento poiché non contiene calorie e riduce il desiderio di assunzione di dolci ed alimenti grassi. La sensazione di fame risulta ridotta quando vengono prese 10/15 gocce di concentrato 20 minuti prima dei pasti in quanto la STEVIA regola i meccanismi della fame determinando un senso di sazietà e, quindi, inducendo il soggetto a mangiare di meno.

Altri benefici nell’impiego della STEVIA nella dieta giornaliera sono il miglioramento della digestione e delle funzioni gastrointestinali, nonché la riduzione nel desiderio del tabacco e delle bevande alcoliche.
Il corpo umano non metabolizza i glucosidi, per cui l’organismo non assorbe calorie dalla STEVIA.

Stevia e gli zuccheri nel sangue

H.R. Roberts M.D.ha testimoniato prima al Congresso e poi alla FDA sull’aspartame e sui suoi potenziali effetti dannosi per la retina: quando l’aspartame viene assunto ed entra in circolo rilascia alcool metilico che è dannoso per la retina. Il Dr. Roberts fa rilevare come l’incremento dell’uso dell’aspartame sia collegato all’incremento di problemi agli occhi. Egli raccomanda quindi ai consumatori affetti da qualsiasi tipo di problema agli occhi di eliminare l’aspartame dalla propria dieta. Donne incinte, in allattamento, bambini, allergici e persone affette da PKU (henylketonuria) devono assolutamente evitare di assumere aspartame. Nel 1995 la FDA ha rivisto la propria posizione sull’importazione di STEVIA negli U.S.A. riconoscendo la STEVIA come un integratore alimentare e non come dolcificante. Questa revisione rappresenta un compromesso politico tra le lobbies rappresentanti gli interessi dello zucchero e dei dolcificanti sintetici da una parte e degli alimenti naturali dall’altra.

La ricerca scientifica ha indicato che la STEVIA regola effettivamente il livello di zucchero nel sangue. Fin dall’introduzione in U.S.A. numerose persone hanno rilevato come, assumendo 20/30 gocce di concentrato di STEVIA per ogni pasto, il loro livello di glucosio nel sangue scendesse a valori normali entro breve tempo. Ovviamente questi dati sono solo indicativi poiché le risposte al trattamento da parte di ciascun soggetto sono variabili ; si consiglia pertanto di far determinare il quantitativo da assumere da personale medico qualificato.

Infatti il diabetico è normalmente seguito da un medico qualificato che gli prescriverà una dieta sana ed equilibrata ; STEVIA può a pieno titolo entrare a far parte di questa dieta poiché ha un elevato livello di chrominum (?) che aiuta a stabilizzale il livello di zucchero nel sangue, e questo ne fa un supplemento da utilizzare con sicurezza nella dieta per le persone affette da diabete, ipoglicemia e candidiasi (?).

Anche l’azione tonica della STEVIA è importante per i soggetti ipoglicemici poiché aumenta i livelli di energia e attività mentale.
Alcuni studi hanno anche indicato che la STEVIA tende ad abbassare il livello della pressione sanguigna negli ipertesi, senza però modificarlo nel caso di livello di pressione normale.

Stevia e i denti

Tre test condotti dal gruppo di ricerca scientifica della Purdue University hanno dimostrato che lo Stevioside è totalmente compatibile con il fluoruro ed inibisce considerevolmente lo sviluppo della placca, cosicché STEVIA dovrebbe di fatto aiutare a prevenire la carie riducendola di almeno il 20%.

Inibisce inoltre la crescita e la riproduzione di alcuni batteri ed organismi infettivi inclusi i batteri causa di carie dentarie e malattie gengivali se utilizzata come additivante delle paste dentifricie. Questo può spiegare perché gli utilizzatori di STEVIA manifestino anche una più bassa incidenza di raffreddori ed influenze utilizzando la STEVIA come collutorio.

Stevia e la pelle

Il sacchetto contenente le foglie di STEVIA può essere utilizzato come impacco, dopo l’impiego dolcificante, per distendere la pelle intorno agli occhi riducendo così le rughe e donando una piacevole sensazione di freschezza.

Il liquido derivante dalla foglia di STEVIA o dal suo concentrato offre notevoli benefici se usato regolarmente per la cura della pelle. Quando viene applicato come una maschera facciale ammorbidisce e distende la pelle, riduce la consistenza delle rughe o ne ritarda la formazione ed aiuta a guarire vari difetti della pelle incluso l’acne.

L’uso della STEVIA per problemi di pelle o di capelli deve limitarsi ad estratti acquosi ed evitare accuratamente gli estratti idroalcolici o liquidi derivati dalla soluzione di Stevioside in polvere.

Stevia e la sicurezza per la salute

Ad oggi non risulta alcuna notizia di controindicazioni all’uso della STEVIA in 1.500 anni di utilizzo in Paraguay ed in 40 anni di uso in Giappone. Gli scienziati che hanno studiato la STEVIA asseriscono che è sicura per l’uso umano. A seguito di ampie ricerche il Dr. David Mowrey cita:

“Test di sicurezza più elaborati sono stati eseguiti dai giapponesi durante la loro valutazione della STEVIA come un possibile agente dolcificante. Poche altre sostanze sono risultate altrettanto negative della STEVIA ai test sulla tossicità. Quasi tutti i test di tossicità sono stati eseguiti sugli estratti di STEVIA; i risultati sono stati sempre negativi.
Nessun cambiamento di peso anomalo, nessuna anomalia nelle caratteristiche cellulari, negli enzimi o nei cromosomi, nessun tumore, nessun problema nella gravidanza, nessun effetto indesiderato, né acuto né cronico. Niente!”

In tedesco: Honigkraut
in portoghese: erva doce

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